Nel giorno di San Valentino, per la nostra rubrica Incontri fiorentini – Gente di Firenze, vogliamo raccontarvi la romantica storia dei fotografi Dovilė Bružaitė e Matteo Baldini.

 

L’amore non è solo il sentimento che li unisce nella vita privata, ma anche in quella professionale.

Insieme formano il duo MeDisProject e dedicano i loro scatti ai momenti più significativi della vita.

In questa intervista vivremo tante emozioni, non solo avendo modo di conoscere il loro lavoro, ma anche la loro storia.

 

Continuando a leggere scoprirete uno dei primi incontri più romantici che avrete mai letto!

 


 

Firenze bambine alla finestra guardano chiesa di santa maria novella
Fotografo Matteo Baldini scatta foto sullo sfondo duomo di Firenze
Foto scatta a Dovile turista a Firenze
Autoritratto di Famiglia by MeDisProject
Coppia di sposi nella campagna toscana
Grande albero di famiglia ritratto in campagna
Proposta di Matrimonio a Firenze Piazzale Michelangelo panorama vista Duomo

 

Quale coppia può dire di possedere una foto del suo primo incontro?

 

Viene in mente il libro Importanti oggetti personali e memorabilia dalla collezione di Lenore Doolan e Harold Morris… . Una storia d’amore, oramai finita, viene raccontata attraverso un catalogo di oggetti appartenuti alla coppia.

Questi, tra cui una foto in cui i due protagonisti vengono ritratti durante il loro primo incontro a una festa di Halloween, vengono immaginariamente battuti all’asta il giorno di San Valentino, il 14 Febbraio 2009.

 

Perché prendiamo dalla nostra libreria questo libro?

Perché è proprio nel 2009 che Dovilė Bružaitė e Matteo Baldini  si incontrano casualmente nella culla del Rinascimento e proprio grazie a una fotografia.

Siamo in Piazza Santa Maria Novella, è un tardo pomeriggio di Agosto. Matteo sta scattando qualche foto ai passanti.

In una di queste verrà immortalata la donna delle sua vita, Dovilė, ma questo lo scopriranno solo con il tempo, scambiandosi i contatti e iniziando a conoscersi, e poi, ad amarsi. Sul loro sito hanno raccontato questa storia, e potete leggerla qui

 

L’amore è così il fulcro della loro unione, espresso anche attraverso gli scatti che celebrano istanti da ricordare.

Come per esempio la celebrazione di un matrimonio, una proposta di nozze a sorpresa o una speciale riunione di famiglia.

Memorie catturate con attenzione ed empatia sullo sfondo di Firenze e della Toscana, con il suo paesaggio variegato e dolce.

 

 

Abbiamo voluto rivolgere al duo MEDIS Project qualche domanda, per scoprire di più sul loro mondo e su quello che li circonda: Firenze.

 

 

Cari Dovilė e Matteo come vi presentereste? Se foste una fotografia cosa rappresenterebbe?

D: Mi chiamo Dovilė e vengo dalla Lituania, dove sono nata e cresciuta. Sono una mamma, una moglie e per ora una fotografa. Se fossi una fotografia, penso a una vecchia foto come quelle dei miei nonni nei loro momenti più felici. Una foto classica della nostra famiglia che un giorno incuriosirà i nostri nipoti.

M: Mi chiamo Matteo, sono piacentino e ho appena compiuto 40 anni. Sono padre di Umberto e marito di Dovilė. Oggi, per vivere faccio foto, domani chissà.Se dovessi descrivermi con una fotografia, mi piace l’idea di una foto di gruppo che racchiuda, come nel finale di 8 e 1/2  di Fellini, o di Big  Fish  di Tim Burton, tutte le persone importanti della mia vita, presenti e passate. Una specie di grande foto di famiglia.

 

Come vi descrivereste come fotografi e come raccontereste il vostro lavoro?

D + M: Pensiamo che il nostro lavoro sia cambiato negli anni e stia continuando a cambiare, specialmente a causa della pandemia. Siamo stati fotogiornalisti, fotografi di still life per e-commerce,  di matrimonio e di famiglia. Ora facciamo ritratti con le fotocamere dei telefoni, via internet, e l’anno scorso abbiamo scattato un diario fotografico che a settembre è diventato una mostra. La fotografia è semplicemente un mezzo per esprimersi in modo diretto e comprensibile a tutti. I valori che  ci  portiamo dietro sono il rispetto dei soggetti ritratti, la semplicità dell’immagine e la voglia di lasciare ricordi importanti ai nostri soggetti. Ci piace pensare che le foto che facciamo abbiano un valore più per gli altri che per noi come autori.

 

Come e quando avete scoperto la fotografia? Come avete iniziato?

D: Il primo contatto con la fotografia è stato all’inizio della mia adolescenza. Avevo 11 o 12 anni e avevo chiesto ai miei genitori se potessero procurarmi una macchina fotografica perché volevo frequentare un corso. Si usavano ancora le macchine a pellicola, ed ero affascinata dall’atmosfera che mi circondava: la camera oscura, il senso di attesa. Già prima di conoscere Matteo e trasferirmi in Italia, sognavo di lasciare il mio lavoro e diventare fotografa di professione. Ho cominciato un passo alla volta, prima in uno studio storico di Firenze che aveva bisogno di una mano per l’archivio. Poi sono venuti i primi matrimoni e il lavoro di fotogiornalista.

M: Mio padre era appassionato, e la sua macchina analogica è stata la prima con cui scattavo da bambino. I primi lavori come fotografo sono arrivati intorno ai 25 anni. Avevo studiato arte e decorazione, ma mai fotografia. Quando decisi che era quello che volevo provare a fare, chiesi ad amici fiorentini di segnalarmi alcuni fotografi professionisti da cui sarei potuto andare a bottega. Ho avuto la fortuna di trovarne più di uno, in ambiti diversi. Anche se dovevo ancora fare altri lavori per guadagnarmi da vivere, ho fatto tantissime esperienze che mi hanno fatto capire in che direzione andare. Quando ho incontrato D. la strada era già tracciata, e da allora ci siamo sostenuti a vicenda.

 

Quali sono le vostre fonti d’ispirazione?

D: Mi hanno sempre incuriosito le biografie dei fotografi. Essendo timida, andavo alla ricerca di quelli simili a me, che in qualche modo erano riusciti ad esprimersi allo stesso tempo senza snaturarsi. Per esempio Izis Bidermanas ancora adesso mi ispira molto. Adoro rivedere i vecchi film di Fellini e la direzione della fotografia di Emmanuel Lubeszki.

M: Diverse: procedo, di volta in volta, per associazione con storie che mi hanno colpito. Può essere un film, una poesia o il lavoro di altri fotografi. Mi affascina chi riesce a rendere universale un’esperienza personale.

 

 

Come è nato l’interesse per le persone e le loro storie?

D: Dalla voglia di combattere la paura di avvicinarmi agli altri. Fotografare le persone è un modo di indagare il mondo, e di mettermi alla prova.

M: Anche per me è stato un modo di combattere la mia timidezza verso gli altri. Chi accetta di farsi fotografare in fondo vuole condividere un pezzo di sé, cerca comprensione, empatia.

 

Come riuscite a mettere a proprio agio i vostri soggetti e a farli risultare così spontanei?

D + M: Questo dovresti chiederlo a loro. Quando possiamo, cerchiamo di conoscere le persone già prima di fotografarle. Pensiamo sia una questione di fiducia e rispetto: per essere a proprio agio, un soggetto si deve fidare del fotografo, e a volte ci vuole tempo. Quel che possiamo fare noi è dargli tempo, e tranquillizzarli. Se qualcuno non vuole essere fotografato, non insistiamo. Alla fine non risultano spontanei, semplicemente lo sono.

 

 

Come emerge l’amore da una fotografia? Da uno sguardo? Un Gesto…?

D + M: La fotografia è un linguaggio diretto, che arriva senza mediazione alla sensibilità di chi guarda. Se i soggetti si amano, è facile che la foto trasmetta questo. Noi fotografiamo persone comuni: se un sentimento è falso, di solito lo si percepisce. Ci sono situazioni dove questa cosa traspare, e purtroppo non ci si può fare granché. Del resto il nostro scopo non è raccontare l’amore a tutti i costi, a volte semplicemente documentiamo quel che accade. Altre volte le persone fingono più o meno inconsapevolmente, perché hanno delle aspettative, o vogliono apparire in un certo modo. Se c’è bisogno, a volte possiamo chiedere a una coppia o una famiglia da dove nasce il loro amore. Possiamo evocare dei ricordi, delle emozioni. Se funziona, il sentimento appare e la foto semplicemente lo riproduce.

 

Cosa è per voi l’amore?

D: Essere me stessa con la persona amata. Sentire la preoccupazione se è in ritardo, non andare mai a dormire in discordia. Nostro figlio Umberto.

M: Umberto appena nato, ancora blu nella sala parto. Dovilė che sussurra il mio nome all’orecchio. Credo che ci siano tanti tipi di amore, ma non riesco a descriverli, solo evocarli.

 

 

Considerate Firenze una città romantica? Perché l’avete scelta come città in cui vivere, provenendo entrambi da luoghi diversi?

D: Ho visitato Firenze per la prima volta nel 2009, era il viaggio in cui conobbi Matteo. Con la mia migliore amica ci fermammo sul percorso tra Milano e Roma, e mi ricordo che la città mi colpì subito. In qualche modo sentivo che avrei potuto vivere qui. Bisogna stare attenti a ciò che si desidera: non passò neanche un anno, e mi ero già trasferita!

M: A Firenze ci siamo incontrati, sposati e qui è nato il nostro primo figlio. Per me sarà sempre un luogo speciale, anche se spesso qui mi sento ancora un forestiero.

 

Quali sono i vostri angoli preferiti di Firenze? Potete rivelarci qualche luogo speciale, fuori dai circuiti turistici?

D: Amo passeggiare nei campi sulle colline intorno a casa nostra, o nelle strade secondarie dove comincia la natura, lontano dal centro. Da quando c’è Umberto, mi piace andare nei parchi giochi di Piazza Tasso o ai Giardini delle Scuderie Reali. Lì si possono incontrare le famiglie dei fiorentini.

M: A me è sempre piaciuta via dell’Erta Canina. Il giardino dell’orticoltura, sul quale si affacciava la cucina della nostra prima casa. Il viuzzo di San Felice a Ema, vicino a dove abitiamo ora. Mi piace camminare per le stradine strette tra le mura e gli ulivi, sulle colline attorno al centro, sognare di abitare in una di quelle case.

 

Come descrivereste Firenze a chi non la abita?

D: Mi sembra che ogni quartiere costituisca una piccola isola, una città nella città. Dopo un po’ che vivi qui capisci che non verrai accolto a braccia aperte come ti immaginavi da turista. Il primo passo comunque spetta a te – e forse è giusto così.

M: A me pare che ci siano tante Firenze: quella dei turisti, quella dei fiorentini, quella degli espatriati, e tante altre, ognuna sembra fare la sua vita isolata dalle altre. Ci abito da quasi vent’anni, e alla fine ne so poco più di quando sono arrivato.

 

Cosa considerate prezioso nella vita?

D: La mia famiglia qui in Italia, ma anche la connessione con la mia terra e la mia cultura.

M: poter gestire il proprio tempo, poterlo dedicare a chi si ama. E i gioielli, naturalmente!

 

 

Matteo e Dovilė hanno realizzato un ritratto dei nostri amici e clienti Anita e Francesco, per la serie Portrait In A Time Of Distance, un progetto fotografico realizzato da remoto.

 

Ringraziamo MeDisProject e vi invitiamo ad approfondire il loro mondo seguendoli sui social e visitando il loro sito.
Siamo sicuri che vi verrà voglia di diventare i loro prossimi soggetti!

 

Dovilė Bružaitė e Matteo Baldini • MeDisProject

www.medisproject.com

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